Le fratture vertebrali possono avere molteplici eziologie, tra queste si citano:
- Fratture post traumatiche causate da traumi a bassa o alta energia a seconda dell’entità della forza di impatto sulla colonna
- Fratture patologiche cioè cedimenti vertebrali provocati della sostituzione dell’osso da parte di tessuti di altra natura (tumori spinali primitivi o metastatici)
- Fratture osteoporotiche cioè fratture imputabili ad energie di impatto molto basse o talvolta al solo carico in presenza di una rarefazione ossea o osteoporosi.
Frattura dislocativa tipo C secondo AOSpine: a sinistra sequenza sagittale TC rachide con sconfinamento endocanalare del muro posteriore. Al centro sequenza sagittale RMN T2 con evidenza di frattura discale D12-L1, rottura del legamento anteriore e posteriore longitudinale e compressione del cono midollare. A destra sequenza sagittale TC postoperatoria con artrodesi, decompressione e riallineamento dei metameri vertebrali ottenendo completa riduzione della frattura (surgery by Kalfas – Padovan)
La diagnosi di una frattura vertebrale in qualsivoglia distretto (cervicale, toracico, lombosacrale) impone un’immediata valutazione specialistica: l’osso vertebrale infatti costituisce l’impalcatura di sostegno a protezione del sacco durale all’interno del quale è presente il midollo spinale e le radici nervose. Pertanto, qualsiasi provvedimento o decisione deve prevedere un’immediata messa in sicurezza a tutela dell’integrità neurologica.
A tal proposito le fratture vengono distinte in fratture mieliche o amieliche a seconda che l’integrità neurologica sia compromessa (frattura mielica) oppure preservata (frattura amielica).
Un’altra distinzione è in fratture stabili o instabili sulla base di criteri morfodinamici e meccanici, ovvero se è conservata o meno la capacità di sostegno del carico o come conseguenza della frattura, vi è un alto rischio di evoluzione clinica e radiologica che rende imperativo un trattamento di tipo chirurgico.
Spesso la diagnostica iniziale comprende RX, TC colonna ma dirimente è soprattutto la Risonanza Magnetica: sfruttando particolari sequenze si può valutare non solo il danno midollare ma anche lo stato del disco intervertebrale e dell’apparato legamentoso (fondamentale per la definizione dei criteri di stabilità / instabilità), nonchè l’edema dell’osso principale indicatore nel processo di guarigione e consolidamento della frattura.
Sulla base di questi aspetti il Neurochirurgo deciderà se sussiste un’indicazione di trattamento chirurgico oppure se si può optare per un trattamento conservativo che prevede l’utilizzo di ortesi (collare cervicale, busto) e il controllo clinico radiologico a distanza.
La chirurgia può richiedere a seconda dei casi una strumentazione per via anteriore o posteriore oppure in alcune situazioni un approccio circonferenziale a 360°. Anche la scelta dei materiali è condizionante: l’utilizzo di materiali idonei per la fusione ossea, sostituti ossei, protesi ad espansione, cementazione e in casi selezionati impianti in carbonio sono requisiti fondamentali.
A prescindere dal trattamento chirurgico o conservativo, l’osservanza scrupolosa delle indicazioni, il riposo, l’astensione dal sollevamento di carichi e l’utilizzo dell’ortesi prescritta è il presupposto per la guarigione.
Frattura di L1 tipo A3 secondo AOSpine: a sinistra sequenza sagittale TC, a destra sequenza sagittale RMN T2
